Qualche giorno fa fecero scalpore delle dichiarazioni del gesuita padre Funes, argentino, astronomo e filosofo, riportate nientemeno che dall'Osservatore Romano. Alla domanda del giornalista se escludeva l'esistenza di altri mondi: "A mio giudizio - rispose padre Funes - questa possibilità esiste. Gli astronomi ritengono che l'universo sia formato da cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali è composta da cento miliardi di stelle. Molte di queste, o quasi tutte, potrebbero avere dei pianeti. Come si può escludere che la vita si sia sviluppata anche altrove? Certo: sino ad oggi non abbiamo nessuna prova di esseri simili a noi o più evoluti presenti in altri mondi. “Ma certamente in un universo così grande non si può escludere questa ipotesi”.
La Chiesa, comunque, non ha paura - disse il gesuita - per questo prossimo ignoto, perché “Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio. Questo non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio.
Praticamente il Vaticano ha sdoganato quella che è una nuovissima disciplina scientifica che sta facendo proprio adesso i primi passi: l'astrobiologia. Recentemente sono stati anche istituiti corsi universitari presso le Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Ma a che punto siamo con la ricerca? Facciamo prima dei brevi cenni storici.
La teoria dell'evoluzione degli organismi viventi nasce, a metà dell'800, in un contesto culturale nel quale l'astronomia, all'epoca considerata scienza di fondamentale importanza, gioca un ruolo di primo piano. Fino alla metà dell'Ottocento (in pratica, quindi, fino a Darwin) la gran parte delle idee di vita su altri mondi faceva ricorso a immagini di tipo antropomorfico, mentre in seguito sorge un filone di tipo "anti-antropomorfico" secondo il quale la vita altrove può essere nata anche in modo del tutto diverso rispetto alla Terra.
All'epoca della pubblicazione del libro di Darwin (1859), la chiesa riteneva ancora che la Terra fosse stata creata domenica 23 ottobre 4004 a.C., come affermato nel '600 dal reverendo Ussher. Lord Kelvin alla metà dell'800 aveva calcolata l'età del sole (sbagliando) in decine di milioni di anni, ma evoluzionisti e geofisici avevano bisogno di alcune centinaia di milioni di anni per giustificare i tempi evolutivi necessari all'evoluzione della crosta terrestre e all'evoluzione delle specie. In seguito con la maggiore accuratezza nelle misurazioni la possibilità di vita al di fuori del nostro pianeta sembrò sempre più concreta. Fissiamo adesso dei punti su cui partire:
a) L'Hubble Telescope ha fotografato in una piccolissima regione di cielo (circa 0.003 gradi quadrati) 10000 oggetti di cui la maggioranza sono galassie lontane
b) Una galassia, come quella che ci ospita, ha circa 100 miliardi di stelle
c) 20-50% delle stelle possono avere pianeti
d) 1-2 pianeti per stella possono essere in grado di sostenere la vita.
I punti c) e d) sono i più incerti. Ad oggi si conoscono 147 sistemi solari, di cui 17 con più pianeti, per un totale di 170 pianeti extra-solari, tutti all'interno della nostra Galassia. La recente scoperta di questi pianeti, della dimensione di Giove, suggerisce che nei sistemi extra solari possano esistere luoghi simili alla Terra in cui si può sviluppare la vita. La vita su cosa deve essere basata. Personalmente credo che possa essere basata solo sul carbonio; in quanto, per la particolare posizione che ha nella tabella degli elementi, è l'unico in grado di creare composti estremamente complessi. Certo esiste anche il silicio (vedi i siliconi) ma non ci sono paragoni con il carbonio. Le forme di vita che noi conosciamo si basano infatti su molecole complesse contenenti carbonio, azoto, ossigeno, idrogeno e fosforo, che agiscono nella trasmissione dei caratteri (riproduzione) e nello scambio di energia con l'esterno (metabolismo). Quindi la vita che conosciamo si basa sugli elementi più diffusi nella nostra Galassia (idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno) e sul fosforo, che al contrario è molto raro nel gas interstellare.
Per adesso sono state rilevate solo molecole semplici. Sono state osservate circa 130 molecole, che possono contenere fino a 13 atomi. Vi è l'acido formico, la formaldeide, la metilammina, l'alcol etilico, l'acido acetico, e il formiato di metile.
Nel settembre 2004 astronomi americani hanno osservato, in una nube di gas vicino al centro della nostra Galassia, la presenza di uno zucchero (glicoaldeide) che può essere importante nella costruzione delle molecole del DNA e del RNA.
L'anno scorso è stata rivelata la presenza di glicole etilico nella cometa Hale-Bopp.
Per quanto riguarda il futuro ci aspettiamo di migliorare la nostra conoscenza dall'analisi delle polveri sia interplanetarie che provenienti dalla cometa Wild 2, che la sonda spaziale Stardust ha appena riportato a terra, e ovviamente dai nuovi strumenti astronomici, quali ad esempio ALMA, un insieme di circa 50 antenne, che è in via di costruzione sull'altipiano cileno a 5000 metri di altitudine. Le osservazioni a lunghezze d'onda millimetrica e sub-millimetrica potranno trovare nelle comete nuove specie molecolari che ci daranno informazioni sull'origine delle comete stesse. Ciò ci permetterà di individuare, non solo, nuovi pianeti extra-solari, ma di rivelarne anche le atmosfere. Una cosa però sembra certa, per una volta il Vaticano non si metterà di traverso.
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martedì 27 maggio 2008
Il Vaticano sdogana l'astrobiologia.
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