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sabato 17 maggio 2008

La fusione fredda potrebbe essere ad una svolta.

Un articolo sul Sole- 24Ore di ieri a firma Giuseppe Caravita è passato stranamente quasi sotto silenzio, e dire che invece potrebbe essere il preludio per una nuova era. Nell'articolo si tratta della cosiddetta fusione fredda. La fusione nucleare non è altro che la combinazione di isotopi di idrogeno (deuterio e trizio) che si uniscono a formare un nucleo di elio sviluppando un'enorme quantità di energia. Questa reazione avviene da miliardi di anni nel sole e in altre stelle però per essere innescata ha bisogno di due cose o di una enorme pressione o di una elevatissima temperatura o magari di tutte e due le cose insieme; altrimenti gli ioni di deuterio entrambi con carica positiva tendono a respingersi per la nota legge di Coulomb. Nel Sole la temperatura necessaria è di 6 milioni di gradi, sulla terra, avendo una minore pressione gravitazionale occorrerebbero 100 milioni di gradi. Esistono dei progetti che tentano di riprodurre questa reazione confinando gli ioni sotto forma di plasma in un toro contornato da enormi campi magnetici. Per adesso però i risultati sono stati deludenti. Esiste tra l'altro un progetto dell'Unione Europea denominato ITER per sviluppare il primo reattore a fusione che si costruirà in Francia. Chi è interessato alla fusione calda vada a questo link. Per combinare due nuclei di deuterio, invece che utilizzare la temperatura, sono state teorizzate altre vie. Quella ampiamente più conosciuta è quella del confinamento chimico. Tale sistema ebbe le luci della ribalta nel marzo del 1989 quando due fisici americani dettero la notizia di essere riusciti nell'impresa. Purtroppo poi le cose si raffreddarono e si vide che l'evento fu eccezionale e che non era facile riprodurlo. Il metodo utilizzato da Fleischmann e Pons nella loro cella elettrolitica, consiste nell'utilizzare la proprietà del palladio (o di altri catalizzatori, un fisico italiano scoprì per esempio che poteva essere utilizzato anche il titanio) di caricare all'interno del proprio reticolo cristallino atomi di idrogeno o dei suoi isotopi come il deuterio, formando deuteruro oppure idruro di palladio. C'è da mettere in rilievo che una condizione necessaria, ma non sufficiente, è che tale caricamento deve essere assai elevato e raggiungere una percentuale di Pd/H o Pd/D di almeno il 95%, ovvero per ogni atomo di palladio ci deve essere quasi un atomo di idrogeno o deuterio. Questo dato della concentrazione di idrogeno nel catalizzatore affinché avvenga la reazione fu scoperto per via teorica dal fisico Giuliano Preparata. Sembra adesso che la fusione fredda esca finalmente da quel cul de sac in cui era finita da anni. Lo sapremo con maggiore certezza tra una settimana, il prossimo 22 maggio, data fissata dal team dell'Università di Osaka che ha caparbiamente continuato le ricerche, e che ora vuole pubblicamente esibire il suo rivoluzionario reattore al lavoro, con tanto di eccesso di calore misurabile e reazione ripetibile.

Esperimento Arata



E' da circa tre mesi che la comunità internazionale dei ricercatori sulla fusione fredda è in fermento. Qualcosa di nuovo, e forse di decisivo è nell'aria. Yoshiaki Arata, per vent'anni bandiera degli studiosi (spesso malfinanziati, e guardati con sufficienza dai colleghi) è l'eroe designato. La sua tecnologia raffinata, capace di imprigionare nanoparticelle di palladio per poi farvi ammassare dentro molecole di deuterio fino a pressioni tali da generare la fusione dei nuclei di idrogeno, conferemerebbe peraltro (e vendicherebbe in qualche misura) i primi, ma incauti, annunci di Fleischmann e Pons di vent'anni fa. Quando appunto proclamarono al mondo che erano in grado di far fondere in un catodo di palladio gli atomi di idrogeno, salvo poi non riuscire a ripetere, se non casualmente e per brevissima durata, il miracoloso processo.
Sarà in Giappone la soluzione del mistero? Di sicuro su questa trincea, da molti paragonata all'alchimia o alla parapsicologia, hanno resistito anche ricercatori italiani, all'Infn, all'Enea e in alcune università. Se a Osaka tutto andrà bene, potranno uscire di sicuro dalla semiclandestinità. E forse l'Italia si accorgerà di avere, di colpo, la seconda scuola scientifica mondiale su una frontiera strategica.

1 commento:

  1. Parsifal, allora non ci resta che aspettare il 22 maggio per sapere cosa succederà1;). Sarebbe un avvenimento fantastico che comporterebbe cambiamenti decisivi sulla scena dedicata all'energia.

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